Approfondimenti su fermenti e dintorni
Una credenza popolare afferma che il termine Baba-Ganoush voglia dire “Papà accontentato“, riferendosi alla necessità di un anziano capofamiglia di avere cibo gustoso e morbido, che non necessiti di essere spezzato o masticato.
In effetti la babaganoush è una salsa di origine mediorientale (probabilmente libanese) costituita da un unico ingrediente principale: la polpa di melanzane. Molto simile nell’aspetto e nella consistenza all’hummus (trovi qui la ricetta), utilizza come condimento la tahina, una pasta di semi di sesamo che nella variante greca vede lo yogurt colato o labneh (qui ti spiego come farlo in casa se vuoi).
Spalmata su crostini, per guarnire primi piatti o condire insalate di riso o come accompagnamento di secondi o di verdure grigliate è perfetta per ogni portata, si prepara in anticipo e si conserva molto bene in frigorifero.
Io naturalmente la utilizzo dopo averla fatta fermentare: si presta benissimo, il sapore secondo me si intensifica, e si ha il vantaggio di fare rifornimento di una grande quantità e varietà di fermenti vitali.
Ma perché questa idea fissa sulle fermentazioni?
L’ho scritto più volte: io penso che molto spesso mangiamo troppo, preferiamo cibo industriale e quindi asettico, cibo soprattutto morto da diverso tempo, incapace quindi di trasmetterci altra energia che quella calorica.
Non è un caso se chi prova ad assumere cibo vitale generalmente vede affievolirsi quell’appetito smodato che poco ha di vera esigenza nutrizionale, quel bisogno di riempirsi, di sentirsi pieni senza riuscire a sentirsi sazi.
Ci sono sempre più dimostrazioni che il microbiota intestinale regoli i depositi adiposi dell’organismo.
In uno studio pubblicato sul Clinical Nutritional Journal nel novembre 2022, su 962 pazienti obesi o in sovrappeso in due anni di regime dietetico è stato riscontrato che la varietà del microbiota intestinale è significativamente associata a maggiori riduzioni della circonferenza della vita, della massa grassa totale (FM), della percentuale totale di massa grassa (FM%) e della percentuale di grasso del tronco (TF%).
Tale maggiore facilità alla perdita di peso era ancora più evidente se associata a una dieta a bilancio proteico positivo (in soldoni: più proteine e meno carboidrati senza andare in sovraccarico dell’uno né in carenza dell’altro).
Ma, perché si sappia, nei pazienti con povertà del micriobiota la sola dieta iperproteica non era sufficiente a garantire la facilità nel perdere peso.
Per chi fosse interessato, lo studio si trova tramite questo link: https://www.clinicalnutritionjournal.com/article/S0261-5614(22)00387-9/fulltext,
Molto spesso mi viene chiesto quali siano i fermenti da reintegrare: premesso che in caso di malattie è indispensabile consultare medici esperti e attenersi alle loro indicazioni, in caso di benessere globale la situazione ideale è l’armonica convivenza di molte specie, più numerose e diversificate possibile.
E’ la varietà e l’armonia nella loro convivenza che contano, al di sopra della utilità di una singola specie.
E questo è un messaggio sconvolgente in un mondo che pensa spesso in modo molto lineare (cioè semplificato e quindi povero), giudicando in termini di buono/cattivo, utile/inutile, io-ho-ragione/tu-hai-torto, sempre con la necessità di capire in fretta quale pulsante spingere per togliersi dai problemi.
Se ti dico, adesso: “Aspetta, leggi con calma, fermati, rileggi, rifletti…” Cosa provi? Irrequietezza? Bisogno di sbrigarti per passare ad altro? Se la risposta è sì, hai enormemente bisogno di fermarti, respirare e metterti in ascolto.
L’ascolto vale anche per sentire cosa ci fa bene: proviamo ad esempio un cucchiaino del cibo fermentato che abbiamo preparato. Che effetto fa quel sapore sul momento? Come ci sentiamo pochi minuti dopo? Ci sono sensazioni sgradevoli?
E in seguito: come cambia la nostra digestione, il nostro alvo, il nostro appetito?
Dopo diversi giorni di uso: è cambiato il nostro benessere in termini di sonno, memoria, vitalità, umore?
Io taglio a metà longitudinalmente due o tre melanzane fresche, lucenti (segno di freschezza) e mature. Libera scelta sul tipo di melanzana a seconda della sfumatura di sapore preferita!
Con un coltellino incido il classico “cancelletto” sulla polpa senza intaccare la buccia , e condisco bene con olio, sale e spezie a piacere come aglio, prezzemolo e peperoncino tritato, aiutandomi con un pennello che giunga sino in fondo alle fenditure. Le inforno su carta da forno con la polpa verso il basso (avendo un forno piuttosto grande, generalmente approfitto di altre cotture per sistemarle sulla placca inferiore e spostarle più in alto quando tolgo le altre pietanze); dopo una mezz’oretta saranno completamente aggrinzite -ma non bruciate- e cotte all’interno.
Le lascio raffreddare per poi scavarne il contenuto con un cucchiaino facendo attenzione a non perforare la buccia. Quest’ultima, opportunamente conservata, è pronta per essere farcita e gratinata, ad esempio con risotto e besciamella, o con purea di patate e formaggio…
Ritorniamo alla nostra polpa di melanzana: per me è importante strizzarla in un colino per eliminare il liquido in eccesso: metto poi la polpa ben pressata in un frullatore, aggiungendo sale e, secondo i gusti, pepe, menta e, soprattutto un cucchiaio colmo di salsa tahina per ogni due melanzane utilizzate (si trova nei negozi di salse bio ed etniche. In Grecia si usa invece yogurt intero colato).
Infine, invece di aglio e limone freschi, io aggiungo un cucchiaio di salamoia dei limoni fermentati (qui vedi come farli) e mezzo cucchiaio di salamoia più un paio di spicchi dal vasetto di aglio fermentato (qui) che fungeranno da starter, cioè faranno fermentare tutta la salsa.
Far andare il frullatore sino ad ottenere la granulosità desiderata, estrarre e versare la salsa ben compatta nei vasetti di vetro senza riempirli completamente. Conservarli al riparo dalla luce per 24 ore a temperatura ambiente e poi in frigo sino al momento di utilizzo (direi un massimo di sei-sette giorni, verificare spesso la formazione di eventuali muffe).
Less is more
Riguardo ai fermenti, un’altra cosa che trovo molto consona al mio modo (omeopatico) di curare è che l’efficacia dell’assunzione di fermenti non è legata alla quantità, cioè alla materia.
E’ sufficiente un cucchiaino di babaganoush fermentata su un crostino o un cucchiaino di salamoia d’aglio sulle verdure lesse o mezza forchettata di kimchi vicino a un tagliere di formaggi: le possibilità sono infinite per aggiungere con pochissime calorie una incredibile ondata di energia vitale.
Minore è la quantità maggiore è la forza, del resto nessuno aumenterebbe a dismisura il lievito per far “crescere” meglio il pane in forno, anzi… more than enough is too much!
La spinta vitale deve essere quel tanto che serve, lasciando spazio alla crescita dei fermenti e alla loro efficacia, esattamente come per il lievito evangelico che, in ridottissima quantità, è in grado di far fermentare tutta la massa.
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Dott.ssa Antonella Bevere
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