Corso per pazienti praticanti

Gli step per diventare un paziente omeopatico perfetto.
Lezione n. 6

di ANTONELLA BEVERE

Questo, per pazienti credenti e praticanti, è il sesto e ultimo appuntamento del nostro corso: l’unico che ti trasforma nel paziente che tutti i medici vorrebbero avere.

Se non ha non hai letto la quinta lezione clicca sul pulsante qui sotto.

Ora che siamo allineati, ripartiamo da dove ci eravamo lasciati.

Immaginiamo che tu stia seguendo una cura di fondo omeopatica, cioè non solo tesa a migliorare un’urgenza acuta, ma a metterti in cammino verso un processo di guarigione profonda, di tutto il tuo essere.
Quello che risponde alla domanda fondamentale: “vuoi guarire?”
N
e abbiamo parlato nella prima lezione, clicca qui se vuoi… ripassare!

Il medico ti ha consegnato la prescrizione con un rimedio (se, come me è un omeopata unicista) il Simillimum, il tuo Simillimum, cioè quello che più corrisponde alla totalità del tuo quadro psico-fisico (anzi interiore, emotivo, mentale e corporeo).

L’universalità dei Sintomi rappresenta esattamene tutto ciò che si può riconoscere di patologico in un malato, e, di conseguenza, tutto ciò che si deve guarire.
(…)
Il metodo omeopatico è quello che, calcolando accuratamente la dose, si serve, contro l’insieme dei sintomi di una malattia naturale, di un rimedio capace di provocare, nell’uomo sano, sintomi più possibile simili a quelli riscontrabili nel malato.

Hahnemann,  1843, Organon VI° ed. par. 70

Naturalmente hai ancora tante domande, vorresti capire…
Abbiamo parlato di diluizione, di rimedi eventualmente utili per patologie acute, ma nel tuo caso non ritrovi il nesso logico.
Hai anche provato a chiederlo: “Dottoressa, mi ha dato Lachesis. Ma Lachesis… per che cosa è?” (intendevi probabilmente: per quale delle cose che le ho raccontato?)

Io, quando sto dall’altra parte del fonendoscopio (come dice un mio amico), di solito rispondo:
”Lachesis non è per qualcosa: io penso che oggi Lachesis sia per lei!” intendendo con questo, come più volte ripetuto, che ho valutato il quadro di Lachesis molto simile, simillimo appunto, alle cose che mi hai raccontato e che ho osservato.

Però rimani con due grandi punti interrogativi negli occhi. 
Lo so bene, succedeva anche a me.  

E quindi cosa fare? Come sempre: inizia a studiare. Non per un fai da te, ma per capire almeno i principi generali, per non avere il senso di vagare nel nulla, per sapere che ci sono centinaia di rimedi… dopo un po’, di qualcuno conoscerai almeno lo spelling!
Di sicuro hai già cercato sul web il nome del rimedio. Non ti perdere nel curiosare sulle sue indicazioni, quasi sicuramente non individueresti le tue (“Le ho parlato di gastrite e mi ha dato un rimedio per la forfora???”) o trarresti conclusioni sbagliate (“Ma che impressione le ho fatto? Mi ha segnato un rimedio che si usa in caso di follia omicida!!!”). 

Cerca invece di capire il cuore del rimedio: per prima cosa puoi notare se viene dal mondo vegetale, minerale o animale.
(Ci sono anche i Nosodi, dei quali abbiamo in parte già parlato. Spero di riuscire a breve a scrivere un post di approfondimento a parte, ci sto lavorando, ma è senz’altro l’argomento più difficile).

  • Minerale: parla della ricerca di una stabilità strutturale, di un fondamento, cerca un senso di compiutezza a seconda dell’elemento considerato (fosforo, fluoro, calcio, silicio…)
  • Vegetale: parla di adattamento, ricerca delle connessioni, delle relazioni, trova il modo di comunicare e adattarsi all’ambiente, di metabolizzare informazioni e trasformarle in vita per sé e per gli altri.
  • Animale: parla di movimento, di vitalità, cerca di elaborare un comportamento articolato e improntato da caratteristiche dell’animale in questione.

Assumendoli puoi iniziare a conoscere i rimedi: anche a tua insaputa verranno “registrati” dal tuo inconscio (la vera risonanza).
Spesso ti capiterà di avvertire bisogno di Belladonna, o Lycopodium… senza che ci sia un  motivo specifico razionale, quanto piuttosto l’emergere di una sensazione, un appetito (da: ad – petere, dirigersi verso, chiedere per avere).
Molto spesso tale sensazione sarà giusta. Tuttavia un consiglio saggio è di  segnarsi questo evento, nei modi più dettagliati possibile, e poi parlarne assolutamente con il medico durante la successiva visita.  Se non ne hai esperienza rischieresti, assumendolo spontaneamente, di
sperimentare il rimedio, cioè di riprodurre un quadro sintomatologico che non ti appartiene.

L’omeopatia genera nel sano
i sintomi che va a curare nel malato (=sperimentazione)

Assumendo il rimedio nelle modalità indicate, cosa mi devo aspettare? Nessuno lo può prevedere con esattezza. 

Molto spesso succede che ricompaiano brevemente situazioni già vissute precedentemente, che avevamo date per superate, di cui invece il corpo porta memoria: viene spontaneo interpretarle come situazioni nuove, da affrontare e distruggere, secondo le modalità aggressive tipiche della nostra società in cui un malessere va superato immediatamente e possibilmente nascosto il più possibile agli altri per non apparire vulnerabili.

Le domande che aiutano in genere sono due: 
1- Ricordo di avere già sofferto di questo nel passato? Quando?
2- Questo problema è più interno o più esterno? Più in alto o più in basso?

Il processo di guarigione infatti, per una legge nota come la legge di Hering, procede a ritroso nel tempo (cioè emergono “ricordi” di problemi via via più antichi) e dall’alto verso il basso così come dall’interno verso l’esterno (cioè è probabile che una dolenzìa alle spalle lasci il posto ad una micosi ai piedi o che una dermatite sostituisca momentaneamente l’asma). 

Questo processo di guarigione non va bloccato (se possibile evita di prendere farmaci ammazza-sintomo, omeopatici o allopatici che siano) ma compreso e sostenuto. 

Talora, anzi molto spesso se siamo in grado di farci caso, ciò succede anche nel campo emozionale: si scende un po’ nella propria ombra e si prova ad adattare lo sguardo interiore per orientarsi. Pensieri del passato possono riemergere con emozioni ad essi correlate, o un senso di scarsa autostima esprimersi con scatti apparentemente immotivati di rabbia. Il tema della visita forse era forse stato una certa pesantezza nell’affrontare anche le normali situazioni della vita quotidiana… ed ecco che durante la cura insorge prima un senso di tristezza, e nei giorni successivi la sensazione di rabbia, un po’ indefinita… generalmente sono situazioni accettabili, da riconoscere e magari segnare, per non dimenticarci di parlarne nella visita successiva, da osservare per “vedere cosa fanno e dove vanno”. Appetito e sonno si modificano, generalmente aumentano, man mano che l’organismo cerca risorse per la sua guarigione e chiede anche più tempo di “presa in carico”, qualche minuto in più di relax o di introspezione. Talora i sogni si presentano in maggior numero o in modalità “sogno vivido”.
Nel complesso, se la cura è corretta, si ha la percezione di essersi messi in moto, che qualcosa di profondo si stia smuovendo e purificando, così come si avverte quasi fisicamente che la nostra guarigione non sarà mai passivamente indotta da un farmaco, ma richiederà un investimento di tutta la persona, un impegno effettivo secondo le proprie possibilità. Da qui, passo dopo passo…

Ecco, per questo piccolo corso è tutto: tanti argomenti rimangono ancora da affrontare (le malattie acute, i Nosodi, qualche brano dell’Organon di Hahnemann da leggere e commentare insieme…) ma lo faremo in momenti successivi. Per ora mi preme dare il consiglio al quale tengo di più:

curarsi omeopaticamente vuol dire prima di tutto esattamente questo: curarsi!!

Non si cura omeopaticamente chi non si impegna a osservare il suo stato di salute, a chiedersi “come sto?” e a riferirlo al medico, in visita, per favore, non per telefono, salvo urgenze.
Un “mi controlla le analisi per favore?” inviato su WhatsApp richiede almeno un quarto d’ora per aprire la scheda, controllare la situazione e la terapia in corso, leggere attentamente le analisi e rispondere con competenza e prudenza. E, dopo di ciò, si rimane con l’amara sensazione di aver curato “le analisi”, non la persona, e con il timore che qualcosa sia sfuggito, una richiesta di aiuto, un malessere, una correlazione di dati non espliciti sulla carta.

In soldoni: cerca di non lasciar passare più di tre mesi senza rivedere il tuo medico omeopata, anche in caso di sostanziale benessere.  Altrimenti il “mi curo omeopaticamente” vuol giustamente dire per chi ti ascolta
“aspetto una magìa che mi possa guarire!”  

Magari arriva, ma meglio non rischiare 😉

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Dott.ssa Antonella Bevere
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