Gli step per diventare un paziente omeopatico perfetto.
Lezione n. 4
Questo è il quarto appuntamento delle lezioni, siamo nel corso per pazienti avanzati: l’unico corso che ti trasforma nel paziente che tutti i medici vorrebbero avere.
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Quindi, dicevamo: sei davanti al medico omeopata con la tua sofferenza, che probabilmente ha un nome (diagnosi di malattia o nosologica), fa parte di un corredo di situazioni (diagnosi sindromica) ed esprime il suo particolare essere con aspetti ipofunzionali (che indicano il miasma psorico), iperfunzionali (miasma sicotico) o disfunzionali (miasma sifilitico). Da qui andiamo avanti!
“Non basta? – ti chiedi perplesso- non mi hai sempre detto che il presente, immutabile per essenza (a meno di proiettare il cambiamento in un futuro, magari prossimo), è tutto ciò che esiste?”
Entrare nel momento presente,
sulle ali di un respiro,
è immergersi nel silenzio
che regge il suono del tempo.
” … e il naufragar m’è dolce in questo mare”
Sono assolutamente d’accordo!
Ma l’accettazione del momento presente non prescinde dal conoscere e abbracciarne le radici: è necessario, per te e per il medico, ri-conoscere il passato sia nella sua essenza che nella sua memoria.
Questo sguardo globale costituisce il quarto tipo di diagnosi di cui stiamo parlando:
4. Diagnosi integrale:
tutto ciò che noi siamo ora sintetizza integralmente ciò che è stato prima. Scelte, pensieri, eredità, malattie… il presente raccoglie ed esprime tutto ciò.
Oltre all’anamnesi familiare (presente anche nella medicina convenzionale) hanno rilevanza i caratteri miasmatici ricevuti dai nostri progenitori, nonché il “miasma sociale” (simile a quello che Jung definiva come inconscio collettivo) in cui siamo vissuti, e ancora il nostro modo di plasmarci a seconda di tutto ciò.
La diagnosi integrale ricerca la coerenza di tale percorso: quanto maggiore tale coerenza, tanto più chiaro il quadro e quindi la prescrizione, e, soprattutto, tanto più ottimistica la prognosi.
5. Diagnosi individuale:
A questo punto il medico avrà raccolto un insieme di sintomi: quelli comuni nella malattia dichiarata (es. mal di stomaco in una gastrite), poco rilevanti nella diagnosi omeopatica, e quelli peculiari della tua situazione, importantissimi! Alcuni sono apparsi all’improvviso e sono nuovi rispetto al decorso consueto, altri sono tipici del tuo modo di percepire la malattia e altri ancora, eventualmente, sono generati da farmaci o rimedi che stai prendendo.
Di questi sintomi alcuni faranno parte della tua sfera mentale, altri della tua reattività generale (es. caldo-freddo) altri saranno localizzati in organi e apparati.
Finalmente siamo giunti al punto dove maggiormente si manifesta l’arte medica: la definizione sintetica e profonda di ciò che risponde per il medico alla domanda “chi è, veramente, nel profondo, questo mio paziente?”
E’ il momento di formulare quella che Paschero e Ortega, discepoli e fedeli continuatori del pensiero di Hahnemann, chiamano la Sindrome minima di valore massimo.
E’ lo sguardo panoramico, privo di qualsiasi forma di giudizio, alla distanza necessaria per cogliere tutte le sfaccettature senza essere travolti dalla sofferenza del paziente, alla vicinanza giusta per osservare bene tenendolo per mano.
Forse questa è la prima e la più grande forma di terapia, capace di svelare il senso di quella sofferenza. Il dolore non è più inutile ma è il modo estremo per riconnetterci con la corporeità della nostra storia, con un significato che per lungo tempo non abbiamo ascoltato.
Ritrovare quell’unità dà un significato a ciò che prima appariva come “l’indicibile”, l’urlo vuoto di Munch.
Spesso l’unica via di uscita è quella che riconosce e attraversa la realtà, sostenuti da chi, rimanendoci accanto, condivide e sostiene quello sguardo.
La persona tanto più è sana, tanto più rivela la volontà del suo cuore: parole e fatti esprimono con coerenza la volontà del cuore.
(Kent, Lezione XXV).
6. Diagnosi del medicamento:
Solo adesso si può passare alla parte medicamentosa della terapia. Attraverso una approfondita conoscenza dei vari rimedi e l’uso, se ritenuto opportuno in quel momento, del Repertorio, il medico prescriverà un rimedio, in gocce o in granuli generalmente, in una particolare diluizione, da assumere secondo particolari modalità. Vediamo per sommi capi di cosa si tratta (nella terza parte del corso approfondiremo meglio): abbiamo detto che un rimedio omeopatico è quella sostanza che ”provoca nel sano ciò che guarisce nel malato”.
Tale metodica, la sperimentazione sull’uomo sano, continua tuttora sin dai tempi di Hahnemann e ha consentito di redigere i Repertori, elenchi in continuo ampliamento (attualmente vastissimi e digitalizzati) di sintomi sperimentati, appunto, in vivo da soggetti sani. Ogni sostanza dipinge così un quadro di effetti, evidenziata statisticamente. L’idea, rivelatasi poi vincente, è che quella stessa sostanza, diluita con metodologia precisa e standardizzata, somministrata a persone che manifestano quel quadro sintomatologico, possa presentare effetto terapeutico. Fornisce, per così dire, una informazione al paziente, un calco della sua situazione, in modo tale che sia l’organismo stesso a trovare una via di riequilibrio.
Per esperienza diretta e personale posso affermare che funziona, in maniera spesso incredibile. Ancora si sta studiando per capire a cosa si possa attribuire questo effetto, ma sarebbe assurdo non sfruttarlo (o negarlo in toto) dopo averlo osservato, per il fatto di non riuscire a spiegarlo.
Per ulteriori e più dettagliate notizie leggi anche la pagina del blog Omeopatia in che senso?
Al medico omeopata si richiede dunque tanto: conoscere la medicina convenzionale e inquadrare la patologia del paziente correttamente, sapendo se, quando e come usare le terapie omeopatiche, conoscere molto bene la materia medica (cioè il quadro sintomatologico generato dalle sostanze che utilizzerà per curare il malato), comprendere empaticamente e con metodologia scientifica la situazione del paziente, individuare una intenzione terapeutica (cosa e come curare), saper come repertorizzare i sintomi (ordinare e cercare cioè nei repertori suggerimento/conferma di quella che è la sua proposta terapeutica), seguire lo svolgimento del caso sapendo chiedere collaborazione al paziente (a questo servono queste brevi chiacchierate sull’omeopatia), che dovrà essere molto, molto… paziente, appunto.
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Dott.ssa Antonella Bevere
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